Ho letto il Dialogo "Io e la conoscenza" di Claudio Bettinelli e vorrei tentare un commento.
Il saggio parla di un argomento eminentemente filosofico: il problema dell' l'identita', e della nozione di realta'.
L'affermazione che i nostri sensi e la nostra mente siano insufficienti ad accedere alla "vera" conoscenza e' un punto di vista molto diffuso nella nostra tradizione di pensiero; mi viene in mente uno dei piu noti dialoghi di Platone (La Repubblica) dove viene chiaramente indicata l'impossibilita' di accedere alla conoscenza in maniera diretta ma solo (secondo la celebre immagine allegorica) mediante i "riflessi proiettati su di una parete sul fondo
della caverna. Molti secoli dopo Kant scrisse di nuovo circa l'impossibilita' di accedere alla realta' ultima delle cose (la cosa in se') e come la nostra esperienza della realta' sia di fatto
strutturata (quindi in qualche modo prodotta) attraverso un atto ideativo conforme ad una serie di categorie di pensiero che redono possibile l'accesso al mondo dei fenomeni.
L'approccio di Claudio Bettinelli e' ancor piu' diretto: (niente categorie) e questo rende le cose piu' semplici da comprendere. Il nostro sistema cognitivo organizza (a posteriori) la nostra esperienza secondo un principio evolutivo e adattivo ma la realta' rimane quacosa al di la' di ogni possibile esperienza diretta.
Tutto cio che abbiamo in effetti e' un immagine che in nessun caso puo' esuberare noi stessi (non possiamo comprendere cio' che in qulche modo non e' parte di noi stessi)
A questo proposito qualcuno ricordera' gli studi di C.S. Pierce sulla natura "segnica" della realta' e la "massima pragmatica" che Claudio Bettinelli sembra conoscere molto bene:
"Considerate quali effetti, che possono concepibilmente avere portate pratiche, noi pensiamo che l'oggetto della nostra concezione abbia. Allora la nostra concezione di questi effetti
è l'intera nostra concezione dell'oggetto" e questo credo pare proprio fatto apposta per ogni aspirante mago...
Ricapitolando, tutta la nostra nozione di realta' e' interamente condizionata dal nostro sistema cognitivo. Perfino la scienza che sembra poterci fornire qualche strumento in piu' nella comprensione
della realta' non puo' prescindere dal nostro "molto umano" modo di esperire l'universo e di organizzare l'esperienza dei fenomeni.
Ne consegue che il nostro senso della realta' sia uno dei tanti possibili e probabilmente le potenzialita' "operative" (parlando qui dal punto di vista di un mago) possono essere piu' vaste di quanto ci
consenta la nostra pratica comune. Questo e' quanto il Dialogo sembra suggerire. In estrema sintesi: l'unica realta' che possiamo esperire ci e' data in termini di idee e immagini;
in qualche modo noi coincidiamo con gli "oggetti" da noi stessi organizzati dalla nostra mente attraverso un imponente atto cognitivo e quindi l' intima comprensione che noi siamo di fatto
le nostre idee allo stesso modo in cui lo sono tutti gli oggetti "esterni" ci dovrebbe consentire di spostarci istantaneamente nel tempo e nello spazio e compiere cose saggie e meravigliose.
Qui probabilmente avviene il passaggio esoterico perche' come fare questo il Mago Claudio Bettinelli per ora non ce lo dice....
Jonathan
Il saggio parla di un argomento eminentemente filosofico: il problema dell' l'identita', e della nozione di realta'.
L'affermazione che i nostri sensi e la nostra mente siano insufficienti ad accedere alla "vera" conoscenza e' un punto di vista molto diffuso nella nostra tradizione di pensiero; mi viene in mente uno dei piu noti dialoghi di Platone (La Repubblica) dove viene chiaramente indicata l'impossibilita' di accedere alla conoscenza in maniera diretta ma solo (secondo la celebre immagine allegorica) mediante i "riflessi proiettati su di una parete sul fondo
della caverna. Molti secoli dopo Kant scrisse di nuovo circa l'impossibilita' di accedere alla realta' ultima delle cose (la cosa in se') e come la nostra esperienza della realta' sia di fatto
strutturata (quindi in qualche modo prodotta) attraverso un atto ideativo conforme ad una serie di categorie di pensiero che redono possibile l'accesso al mondo dei fenomeni.
L'approccio di Claudio Bettinelli e' ancor piu' diretto: (niente categorie) e questo rende le cose piu' semplici da comprendere. Il nostro sistema cognitivo organizza (a posteriori) la nostra esperienza secondo un principio evolutivo e adattivo ma la realta' rimane quacosa al di la' di ogni possibile esperienza diretta.
Tutto cio che abbiamo in effetti e' un immagine che in nessun caso puo' esuberare noi stessi (non possiamo comprendere cio' che in qulche modo non e' parte di noi stessi)
A questo proposito qualcuno ricordera' gli studi di C.S. Pierce sulla natura "segnica" della realta' e la "massima pragmatica" che Claudio Bettinelli sembra conoscere molto bene:
"Considerate quali effetti, che possono concepibilmente avere portate pratiche, noi pensiamo che l'oggetto della nostra concezione abbia. Allora la nostra concezione di questi effetti
è l'intera nostra concezione dell'oggetto" e questo credo pare proprio fatto apposta per ogni aspirante mago...
Ricapitolando, tutta la nostra nozione di realta' e' interamente condizionata dal nostro sistema cognitivo. Perfino la scienza che sembra poterci fornire qualche strumento in piu' nella comprensione
della realta' non puo' prescindere dal nostro "molto umano" modo di esperire l'universo e di organizzare l'esperienza dei fenomeni.
Ne consegue che il nostro senso della realta' sia uno dei tanti possibili e probabilmente le potenzialita' "operative" (parlando qui dal punto di vista di un mago) possono essere piu' vaste di quanto ci
consenta la nostra pratica comune. Questo e' quanto il Dialogo sembra suggerire. In estrema sintesi: l'unica realta' che possiamo esperire ci e' data in termini di idee e immagini;
in qualche modo noi coincidiamo con gli "oggetti" da noi stessi organizzati dalla nostra mente attraverso un imponente atto cognitivo e quindi l' intima comprensione che noi siamo di fatto
le nostre idee allo stesso modo in cui lo sono tutti gli oggetti "esterni" ci dovrebbe consentire di spostarci istantaneamente nel tempo e nello spazio e compiere cose saggie e meravigliose.
Qui probabilmente avviene il passaggio esoterico perche' come fare questo il Mago Claudio Bettinelli per ora non ce lo dice....
Jonathan