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"sentirsi in prigione"

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1"sentirsi in prigione" Empty "sentirsi in prigione" Gio Nov 17, 2011 2:06 am

Max


Ospite

ieri sera sono stato con un amico ad un incontro in cui una donna presentava un libro di Ouspensky, l'allievo prediletto di Gurdjieff. In sostanza, l'autore sostiene che l'essere umano non vive di fatto, ma è vissuto da altro(lui li chiama "io molteplici"..) e identifica tale condizione con lo stato di "morte". Per uscirne l'uomo deve fare due cose: accorgersi di essere in tale stato, dunque passare alla fase definita "di sonno" ed infine fare tutto ciò che può per raggiungere la "veglia": fase detta "di movimento". Al di là delle teorie esplicate, voglio soffermarmi su un concetto: durante la fase di "sonno", in cui cioè il "morto" ha avuto rapidi barlumi della sua condizione, ha intuito chiaramente che c'è altro oltre tutto ciò che conosce, l'autore-o forse solo chi ne parlava..- sostiene che ci si "sente in prigione".

Oggi, ripensandoci, mi è tornat in mente questa frase di Evola, uno che con le parole ci sapeva fare..
" è colui che sia stato portato positivisticamente a ritenere che ogni facoltà psichica e spirituale è condizionata e determinata da fattori empirici (organici, di eredità, d'ambiente ecc..) e che dal nichilismo nietzschiano sia stato condotto al senso della relatività di tutti i valori e alla grande rinuncia, alla "rinuncia a credere"- è forse una tale persona quella che oggi si trova nella disposizione più favorevole per poter comprendere l'effettiva portata del compito ermetico ed iniziatico"

Personalmente, ho provato tale sensazione e tuttora, volendo sono capace di rievocarla.
Penso che in effetti sia necessaria per iniziare questo cammino. Agisce da molla, da spinta, da motivazione iniziale.. è come l'accensione di una macchina.. poi sta al conducente schiacciare subito la frizione affinchè non si spenga subito al semaforo, evitando una figura da idiota, ed iniziare aschiacciare l'accelleratore, cambiando le marce nei momenti giusti, seguendo la strada giusta(ognuno ha la sua giovani..) e rispettando le regole della sua strada.. Questa metafora meccanica per dire che senza un adeguato punto di partenza, non si parte!!
è vero anche che tale sensazione di sentirsi imprigionato nella condizione umana può avere infiniti gradi di intensità: penso a chi stava per uccidersi dall'oppressione infinita (il caro Eckhart ragazzi miei..) e chi invece, comodamente seduto con un buon cappuccino davanti, tutte le mattine si lamenta del governo, della corruzione e via dicendo..

Trovo l'argomento interessante, anche se alla fin dei conti è abbastanza banale: se avete idee interessanti a riguardo, commentate!
Ciao a tutti, Max!

2"sentirsi in prigione" Empty Re: "sentirsi in prigione" Mer Nov 23, 2011 3:54 am

anonimo


Ospite

Ciao,
secondo me è anche possibile illudersi di non essere in prigione, chiudere gli occhi e sentirsi "superficialmente liberi".
Dico superficialmente perché non è possibile sentirsi completamente liberi per finta, qualcosa in noi sa già...

Sei completamente consapevole in ogni azione che fai?
Stai sveglio oppure lasci che il sonno comandi al posto tuo? (per sonno si intende anche cose come abitudini, storia ecc)
Queste sono secondo me alcune domande che rivelano l'essenza degli insegnamenti di Gurdjieff.

3"sentirsi in prigione" Empty Re: "sentirsi in prigione" Mer Nov 23, 2011 8:25 pm

max.


Ospite

Ciao! Riguardo all’illusione che hai menzionato, un autore “tradizionale” forse ti direbbe che tale condizione è quella che accomuna l’umanità intera.. sarebbe opinabile, forse troppo drastico e con qualche nota di importanza personale in risalto, ma non mi sento di dare che è una baggianata totale..

Non ho letto nessun libro di Gurjieff, ma concordo con te che l’essenza del suo insegnamento possa ritrovarsi in quelle due domande(anche perché è la stessa di molte altre tradizioni..)

Lo schema delineato da Ouspensky mi era parso arino per il semplice fatto che esemplifica un “percorso magico ideale” (so che non esiste eh..), nel quale è necessaria la presenza, o meglio la partenza, da una fase di distacco, di soffocamento, di morte, di prigione, di sofferenza, non verso le contingenze del mondo, ma verso il mondo stesso..
Non amo classificazioni rigide laddove non c’è bisogno, ma ho trovato curiosa questa cosa, che poi non si trova solo in Gurdjieff ma anche in molti altri..
L’Oro è già in noi, ma dobbiamo necessariamente ripulirlo da tutte le scorie, le nebbie che al momento lo offuscano: tale fase permette di vedere “il male del mondo” e di capire come ci siamo identificati.. penso che un sentimento di tristezza, di oppressione sia più che normale quindi!!

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