Fin dall'infanzia ci insegnano a non pensare alla morte. Per vivere non bisogna calcolare la morte, altrimenti si è come paralizzati davanti ad un ostacolo invalicabile. Una volta esclusa, ci si sente liberati di un peso insopportabile. Ma come si esclude? Penso che la morte vada a braccetto con la solitudine. Gli animali quando. sentono che il loro momento sta per arrivare si estraniano dal branco e si appartano da qualche parte in attesa di morire. Personalmente quando ero un bambino trascorrevo molto tempo da solo e mi interrogavo spesso sulla morte.. L'avere tutta la vita davanti da la mia unica consolazione: ero sicuro che con la morte arrivasse il 'nulla'. Una schermata scura e silenziosa senza alcuna consapevolezza, mi immaginavo. Poi un giorno mio padre mi parló del paradiso... Ed improvvisamente mi misi il cuore in pace. Ad una certa età ció che dicono i genitori è semplicemente sacrosanto, è la verità, punto. Per la maggior parte delle persone la religione non è altro che una scappatoia: un palliativo per la nostra piú grande paura. Si sente ció che si vuole udire, ovvero che dopo la morte ci sarà un'alta vita, tra l'altro meglio di questa.
Ad un certa età semplicemente abbondoniamo la solitudine: si va a scuola, ci si comincia ad interessare agli altri ed alle varie dinamiche sociali. Bisogna essere bravi, avere degli amici, sentirsi accettati dagli altri, distinguersi per qualche cosa.. In altre parole, impariamo lentamente a dimenticarci della morte. Durante questo processo costruiamo un personaggio in cui arriviamo a confonderci totalmente. Si sa, piú un attore è acclamato dal pubblico, più diviene importante. Lo stesso avviene per noi esseri umani: una volta costruita una personalità, occorre che sia accettata da qualcuno, altrimenti non avrebbe alcun senso: un attore puó essere bravo quanto vuole, ma senza il pubblico che riconosce le sue qualità la sua recita cade nel vuoto, anzi, vale quanto una recita pessima, poichè senza importanza non vi è alcuna differenza.
A questo punto diventa importante essere qualcuno: se un altro individuo ha più visibilità di noi, lo invidiamo perchè ci sentiamo inferiori. tutta la nostra attenzione è concentrata sulla costruzione e sull'ampliamento del nostro personaggio: questa è quella che Don juan chiamava importanza personale. Parallelamente nasce anche la paura di sbagliare: se l'immagine della nostra persona si incrina, ritorniamo al punto di partenza, ci sentiamo con la morte ad un passo. Una volta feci un banale incidente contro la macchina di un mio amico, quelli in cui bisogna mettersi d'accordo sull'assicurazione e su altro cavilli burocratici. Entrai nel panico: l'incontro era stato segreto ed avevo mentito a tutti su dove ero, con chi ero e cosa facevo. A causa dell'incidente avrei dovuto rivelare a chi mi stava vicino la veritá: provai in tutti i modi ad insabbiare la cosa prima di arrendermi alla necessità. Il problema era che dovevo uscire dal personaggio, uscire allo scoperto, rivelare che avevo fatto una cosa che andava al di lá di ció che la gente, dunque io, pensavo di me stesso. E tutto questo per una banalità allucinante.
Credo che per continuare a crescere, occorre uscire dal personaggio. Non dico distriggerlo, non avrebbe senso: "semplicemente" smettere di essere attaccato ad esso. Bisogna ritornare a pensare alla morte, in maniera cruda, senza illusioni che mitighino questa paura primordiale: del resto di fronte alla morte siamo tutti uguali. Quando ci sentiamo indignati, riteniamo che qualcuno ci guardi dall'alto in basso, oppure invidiamo chi possiede un personaggio più interessante e popolare del nostro, basta pensare: di fronte alla morte questa è soltanto polvere. Arriverà il giorno in cui il teatro e la recita umana verrano semplicemente azzerati. Vista la situazione, non rimane altro che lottare lottare per sfidare la morte. Tutto il resto è noia.
Ad un certa età semplicemente abbondoniamo la solitudine: si va a scuola, ci si comincia ad interessare agli altri ed alle varie dinamiche sociali. Bisogna essere bravi, avere degli amici, sentirsi accettati dagli altri, distinguersi per qualche cosa.. In altre parole, impariamo lentamente a dimenticarci della morte. Durante questo processo costruiamo un personaggio in cui arriviamo a confonderci totalmente. Si sa, piú un attore è acclamato dal pubblico, più diviene importante. Lo stesso avviene per noi esseri umani: una volta costruita una personalità, occorre che sia accettata da qualcuno, altrimenti non avrebbe alcun senso: un attore puó essere bravo quanto vuole, ma senza il pubblico che riconosce le sue qualità la sua recita cade nel vuoto, anzi, vale quanto una recita pessima, poichè senza importanza non vi è alcuna differenza.
A questo punto diventa importante essere qualcuno: se un altro individuo ha più visibilità di noi, lo invidiamo perchè ci sentiamo inferiori. tutta la nostra attenzione è concentrata sulla costruzione e sull'ampliamento del nostro personaggio: questa è quella che Don juan chiamava importanza personale. Parallelamente nasce anche la paura di sbagliare: se l'immagine della nostra persona si incrina, ritorniamo al punto di partenza, ci sentiamo con la morte ad un passo. Una volta feci un banale incidente contro la macchina di un mio amico, quelli in cui bisogna mettersi d'accordo sull'assicurazione e su altro cavilli burocratici. Entrai nel panico: l'incontro era stato segreto ed avevo mentito a tutti su dove ero, con chi ero e cosa facevo. A causa dell'incidente avrei dovuto rivelare a chi mi stava vicino la veritá: provai in tutti i modi ad insabbiare la cosa prima di arrendermi alla necessità. Il problema era che dovevo uscire dal personaggio, uscire allo scoperto, rivelare che avevo fatto una cosa che andava al di lá di ció che la gente, dunque io, pensavo di me stesso. E tutto questo per una banalità allucinante.
Credo che per continuare a crescere, occorre uscire dal personaggio. Non dico distriggerlo, non avrebbe senso: "semplicemente" smettere di essere attaccato ad esso. Bisogna ritornare a pensare alla morte, in maniera cruda, senza illusioni che mitighino questa paura primordiale: del resto di fronte alla morte siamo tutti uguali. Quando ci sentiamo indignati, riteniamo che qualcuno ci guardi dall'alto in basso, oppure invidiamo chi possiede un personaggio più interessante e popolare del nostro, basta pensare: di fronte alla morte questa è soltanto polvere. Arriverà il giorno in cui il teatro e la recita umana verrano semplicemente azzerati. Vista la situazione, non rimane altro che lottare lottare per sfidare la morte. Tutto il resto è noia.