Prendo in esame il testo che si trova nel post “la via dell'acqua e la via del fuoco”; il mio intento è quello di mostrarne l'inconsistenza in un ottica razionale.
Il succo dello scritto in questione è che esistono due vie “spirituali” apparentemente opposte: la via del “Tao” e la via dello “Yoga”, una per menti “maschili” l'altra per menti “femminili”, una punta verso “l'alto”, l'altra verso il “basso”, una si basa sulla “volontà”, l'altra ”sull'abbandono”; tutti termini contrari per giungere alla paradossale conclusione che tutte le strade portano a Roma, che sia l'uno che l'altro metodo giungono allo stesso risultato (che non viene mai definito). Un dubbio che non mi ha abbandonato per tutta lettura è che questa semplificazione tra Yoga e Tao appare eccessiva ed il fatto che non c'è alcun riferimento diretto ai testi delle due tradizioni prese in esame non fa altro che alimentare questo dubbio. Comunque, dando per buona questa distinzione, l'autore pare privilegiare la via del Tao (del resto il titolo del libro è “The way of Tao”), ma non perde occasione per ribadire che anche l'altro sentiero è valido e tutto sommato ha la stessa efficacia. Ecco alcuni esempi: “Se ti si addice il sentiero della mente maschile (Yoga), opera di conseguenza: […] A quell'estremo, diventa possibile un balzo, avviene una trasformazione”. Oppure: “Nella differenza tra lo Yoga e il Tao è visibile la dualità della vita; pertanto, non te ne devi preoccupare: scegli qualsiasi cosa senti adatta a te”. Altro periodo analogo: “Se questi due sentieri sono compresi con chiarezza, uno o l'altro può condurre una persona alla meta suprema”. Dunque la vera scelta non consiste nel fine ma nel selezionare il metodo che maggiormente si addice al nostro modo d'essere: per coloro che non amano agire in maniera preordinata, ovvero che sono naturali, dato che “la naturalezza consiste nell'inazione”, si aprono le porte della via del Tao; per gli egoinomani e coloro che amano la competizione, descrizione che ricorda tanto lo stereotipo comune dell'uomo occidentale, si consiglia la via dello Yoga, visto che “il sentiero stesso che sta seguendo (lo yogin) è la via dell'ego: se cerca di essere umile, sta andando contro la sua natura”.
Mi pare lecito affermare che l'eccessivo sincretismo, che sfiora l'equivalenza, posto dall'autore tra tradizioni tanto diverse abbia come scopo quello di persuadere lettori assolutamente eterogenei ad accettare un medesimo pseudo-ragionamento. Il risultato è che se tutto è bene e tutto è per tutti, allora ha poco senso scrivere, ed ancora meno leggere. Faccio un esempio semplicissimo. Quando l'astrologo da popolino afferma che “Per i sagittario sarà una settimana ricca di sorprese, ma potrebbero esserci degli imprevisti”, non fa altro che mettere le mani avanti e coprire tutti i casi possibili, in modo che qualsiasi cosa accada, la descrizione non sia falsificabile. Insomma l'astrologo tende ad essere generico ed il più possibile contraddittorio, in modo da avere sempre ragione, o meglio, non essere mai smentito. Peccato che queste previsioni siano sterili: che domani succederà qualcosa è certo e lo sappiamo tutti, peccato che a noi uomini interessi sapere precisamente, e non vagamente, cosa accadrà , in che modo, perché: tutte cose che l'astrologo non ci dice mai con assoluta esattezza. L'autore sembra seguire questa logica: qualsiasi persona tu sia, se ti identifichi maggiormente con la descrizione A, segui A, se ti identifichi maggiormente con la descrizione B, segui B, tanto il risultato è lo stesso. Come dire: se hai una mentalità scientifica, studia matematica, chimica e fisica; se hai una mentalità umanistica, studia filosofia, letteratura e storia, tanto alla fine il risultato è lo stesso, ovvero diverrai una persona intelligente. Impossibile uscire da questo ragionamento (mentre è possibilissimo identificarcisi), a meno che non si ammetta, e credo che l'esperienza venga incontro a questa mia affermazione, che l'intelligenza di uno che ha sempre studiato matematica non è equivalente all'intelligenza di uno che ha sempre studiato letteratura. Per cui vien da chiedersi per quale motivo un taoista ed uno yogi, che a detta dell'autore stesso seguono percorsi diametralmente opposti, giungano agli stessi risultati: più che dimostrare un tale assunto l'autore si limita ad affermarlo, come se fosse qualcosa di autoevidente. L'unico stralcio di dimostrazione è a pagina due (6 del libro): “L'energia si muove in cerchio. Nessuna forza vitale si muove diversamente: è sempre un movimento circolare. Ebbene, in un cerchio, si scopre sempre che il punto finale coincide con il punto iniziale: solo in questo caso il cerchio è completo. Pertanto, sia che si compia quel balzo dall'ombelico (Tao), sia che lo si compia dal sahasrara (Yoga), si arriva alla stessa meta: il cerchio inizia dall'ombelico e si completa nel sahasrara; se una persona si lancia da uno di questi due centri, trascende il cerchio stesso”. In parole povere: il Tao smuove “l'energia della zona ombelicale”, mentre lo Yoga “l'energia dei chakra superiori”, ma dato che l'energia è circolare, e dato che ogni punto del circolo si presume sia collegato ad ogni altro, visto che “in questo corpo (energetico), entrambe le estremità si toccano”, se si attiva una parte si attiva anche l'altra e viceversa, per cui il risultato è lo stesso. La conclusione è che basta mettere in moto “l'energia”, non importa come e da dove.
Ora, tutto questo ragionamento si basa sul presupposto che esista una tale energia, di cui l'autore non specifica mai la natura, e che tale energia sia circolare. Questo è un presupposto dogmatico (l'autore si limita ad asserirlo), indefinito (di che energia si parla?) e non evidente (ammesso che esista questa energia, come si fa a comprendere che è circolare?) e pertanto invalido. L'unico modo in cui si può considerare valida questa dimostrazione è quella di credere che l'autore intenda cose che noi non riusciamo ad intendere, ovvero avere fiducia nella sua persona indipendentemente da quello che dice; ma se si vuole rimanere sul piano della razionalità, la dimostrazione è nulla, in quanto vuoto gioco di parole.
Ricapitolando, l'autore afferma che la via del Tao e quella dello Yoga giungono allo stesso risultato e che bisogna scegliere la via che maggiormente calza con la nostra mentalità. Schematizzo brevemente la critica: esistono due vie, A e B, e due categorie di persone, a e b: se gli a seguono A, allora giungono a C; se i b seguono B, allora giungono egualmente a C. Ma la natura di C non è specificata (il controesempio sulla differenza tra intelligenza matematica ed intelligenza letteraria mostra che la natura di C doveva essere esplicitata), e non si capisce come persone agli antipodi che seguono percorsi tanto diversi possano giungere allo stesso risultato: l'unica dimostrazione abbozzata al riguardo può soddisfare al massimo il parametro fideistico ma nessuno dei parametri razionali.
La conclusione del ragionamento è che il testo preso in esame è contraddittorio, retorico e dogmatico; buono per chi ha fede, indigesto per chi ha ragione.