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Cazzo


Ospite

Io sono io. Sono l'idea di me stesso. Sono un grumo di ricordi, un laccio di adesioni, la brama di giudicare, l'inconsapevolezza di separare, la volontà di sopraffare. Sono questo e non è quello: sono grammatica che crede di essere, sono un sostantivo che ha preso vita propria, una parola che condensa uno stato d'animo. L'identico pone il diverso, e il gioco è fatto. Io sono io, dunque il resto è non me: ecco tutta la logica di noi stessi. Tutta l'intelligenza ruota su sè stessa finché questo surrogato di consapevolezza detta legge. No, la soluzione non è dire io non sono io, perché negando l'io si pone sempre qualcosa, ed ecco che si crea una nuova identità: io sono non-io, sono tutto ciò che non è io! Santi e santarelli hanno creduto di superare la logica umana semplicemente rovesciandola. Ecco come si crea un'assurdità ancor più grande dell'io: l'io che si crede non-io. Se prima si giudicava per istinto, adesso si giudica scientemente: mostruosità senza appello.
Io sono io. Accetto me stesso, accetto tutte le mie contraddizioni, accetto anche di apparire volgare e messchino, tanto non ha alcuna importanza. Pian piano smetto di giudicarmi, e pertanto di giudicare. Gli argini della logica si sfaldano, tutto diviene tutto, l'uomo che ho di fronte è come la mia mano, qualcosa che è, senza neanche sapere che è: punto. La vecchia percezione fatta di scalini, di alto e basso, di degno e indegno, essere e non essere, giusto e sbagliato, mio e tuo, bene e male, vero e falso, utile ed inutile, si sgretola come legno marcio. Ed ecco che di nuovo torno alla corrente, fluido, senza idee, senza sapere, senza essere, senza parole, senza macchia pur macchiandosi: senza coscienza non c'è peccato, c'è solo la totalità di noi stessi, che è buona e malvagia senza saperlo d'essere.

Cazzo

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